Autocontrollo, reazione, proattività La resilienza per gestire i cambiamenti

ntenere sangue freddo e proattività in mezzo allo stress quotidiano e alle trasformazioni continue in cui le organizzazioni si trovano a operare, è necessario coltivare la resilienza, non solo nella vita privata, ma soprattutto sul lavoro. Oggi esistono inoltre strumenti per misurarla e per accompagnare in un percorso di sviluppo continuo, offrendo una guida pratica dei comportamenti che vanno mantenuti, cambiati o migliorati. La resilienza si configura come una skill fondamentale, per mantenersi prima di tutto in buona salute, all’interno di un lavoro continuo su se stessi.

 È difficile evitare i cambiamenti che scuotono l’ambiente la-vorativo in cui operiamo, siano essi innovazioni tecnologiche, trasformazioni delle strutture e dei processi, rivoluzioni del mercato o più semplicemente cambiamenti conseguenti all’or-ganizzazione del gruppo di lavoro o a nuovi stili di leadership. Simili cambiamenti mettono in seria difficoltà la capacità di adattarsi in tempi brevi alle nuove situazioni e in qualche caso possono minare l’equilibrio personale e la fiducia nel futuro. All’esigenza di adattarsi in modo efficace agli imprevisti e all’incertezza del contesto, si vanno a sommare le crescenti aspettative sulle performance individuali e dei team. I clienti e gli interlocutori istituzionali chiedono oggi di più in meno tempo e con meno risorse: e questa pressione produce un forte impatto dal punto di vista psicologico. La domanda di efficienza e di innovazione ha generato lo stereotipo del ‘la-vorare meglio, non di più’. Questo slogan, piuttosto in voga da una decina d’anni, oggi alimenta ansia e perplessità nei di-pendenti e nei manager stessi, in quanto le persone che abita-no l’organizzazione vedono in questa affermazione il riflesso di un aumento inesorabile della domanda nei loro confronti.
La resilienza come ‘bene di prima necessità’

Del resto, gli interventi che si ispirano a un’idea di organizzazio-ne più umana e attenta ai bisogni dei dipendenti (vedi anche lo Smart working e il welfare aziendale), che pure sono essenziali, tendono ad agire prevalentemente sulla dimensione del contesto e dell’organizzazione per migliorare le condizioni di lavoro, ma sembrano non prendere in sufficiente considerazione il cuore del problema, e cioè le risorse personali e le capacità di risposta del singolo. Il punto di partenza è infatti la persona. Rafforzare le qualità e le capacità di manager e professionisti di fronteggiare le avversità mantenendo fiducia e prospettiva nei momenti di in-certezza è oggi diventato una priorità per quelle organizzazioni che vogliono, nella bufera dei cambiamenti, coniugare l’incre-mento delle performance con il wellbeing dei singoli e dei team.

 In questa cornice, la resilienza è oggi vista più che in passato come un ‘bene di prima necessità’, una risor-sa preziosa che assume il significato di una speranza. I manager pensano che se riescono a rafforzare la propria resilienza potranno reggere con successo e senza dan-ni personali eccessivi l’imperativo delle performance e far lavorare meglio i propri collaboratori. D’altra par-te, i dipendenti sperano che con una maggiore resilien-za potranno fare bene il proprio lavoro, nonostante le avversità e le difficoltà, e mantenere un buon grado di equilibrio anche nel contesto al di fuori del lavoro.
Gestire lo stress e rimanere in buona salute Kathryn McEwen, Psicologa Organizzativa e Con-sulente del lavoro di fama internazionale con cui col-laboriamo in esclusiva per l’Italia, ci offre un nuovo modello di resilienza (Resilience at Work) e una suite

 di strumenti per apprezzare e sviluppare la Resilienza (R@W© Individual, Team, Leader).
Sulla base di questi studi, la resilienza può essere defi-nita come la “capacità individuale di gestire le fatiche e lo stress quotidiano rimanendo in buona salute, di riprendersi e imparare dalle inaspettate battute d’arre-sto, preparandosi in modo proattivo alle sfide future” (McEwen, 2013; 2015). Questa definizione ci sugge-risce l’idea che la resilienza al lavoro non è un ‘tratto’, bensì un insieme determinato di fattori che possono essere monitorati e coltivati. Di conseguenza, la resi-lienza non è un business per pochi eletti, né qualcosa che si ottiene una volta per tutte, ma il risultato di un lavoro continuo che ciascuno deve fare con se stesso.

Autocontrollo, reazione e proattività
In linea generale vi sono tre pilastri che compongono lo stato della persona resiliente: la gestione dello stress, la capacità di reagire adattandosi alle situazioni avverse e l’approccio proattivo nel guardare al futuro. All’in-terno di questi tre pilastri sono state individuate sette componenti (dimensioni) specifiche della resilienza sul lavoro che sono appunto misurabili attraverso uno strumento specifico, il R@W© di McEwen.
Un primo aspetto su cui si gioca la resilienza è quello che l’autrice chiama “autenticità”. Sappiamo quanto sia importante conoscere i propri valori e poterli vivere sul lavoro: un forte disallineamento alla lunga sfibra. Inoltre la persona resiliente è consapevole e orgogliosa dei propri punti di forza anche nei momenti più difficili e sa mantenere un buon equilibrio emozionale. Un se-condo aspetto della resilienza personale è la possibilità di vedere uno scopo e un senso in ciò che si fa. Questo motiva e moltiplica le energie. La “adattabilità” con-siste nel mantenere un approccio ottimistico, senza perdere il senso della realtà, mettendo sullo sfondo gli aspetti più negativi per concentrarsi sulle soluzioni da dare ai problemi. Prendersi cura di se stessi significa

  darsi delle priorità e organizzare le proprie attività sul lavoro e a casa in modo da proteggersi dal sovraccarico emotivo. Questo migliora l’equilibrio vita-lavoro. Chiedere aiuto e cercare il supporto degli altri è fonda-mentale per la persona resiliente. Il mito che la persona è forte se non chiede feedback o consigli è fuorviante: alla lunga ci si carica di inutili fatiche che invece possono tro-vare nel confronto un importante supporto. Anche que-sta è una dimensione comportamentale che va costruita e mantenuta. Quando siamo in difficoltà tendiamo a isolarci. Un buono stato di salute aiuta, anzi è indispen-sabile perché in questo modo massimizziamo la nostra energia fisica. È noto che una buona condizione fisica aiuta a essere più lucidi e forti nei momenti veramente difficili in cui abbiamo bisogno di tutte le nostre energie. Da ultimo, la settima dimensione della resilienza, se-condo il nostro modello, è la capacità di sviluppare e mantenere network personali e professionali in modo intenzionale: riconoscere di che cosa abbiamo bisogno in un determinato momento è fondamentale per indi-viduare e frequentare le persone che possono aiutarci a seconda dei casi.

Fare un check up della resilienza
La scala R@W© è lo strumento di misura della resi-lienza sul lavoro, sviluppata da McEwen in anni di ri-cerca e di lavoro sul campo con leader e team che ope-rano in contesti sfidanti e sotto pressione da un lato. Il suo utilizzo fornisce una guida semplice e utile per evidenziare aree e comportamenti che sono di successo e che di conseguenza vanno mantenuti e coltivati in un determinato momento. D’altra parte, la scala R@W permette di evidenziare, nell’ambito delle sette com-ponenti, aree e comportamenti che si esprimono in misura sub-ottimale e che possono diventare oggetto di sviluppo e di miglioramento personale.

 Il nostro lavoro consiste nell’offrire a dipendenti, ma-nager e team l’opportunità di fare un check up della resilienza, in modo da valutare eventuali azioni di mantenimento o miglioramento.Questo si realizza attraverso interventi di assessment online, feedback e coaching personalizzato in cui i risultati sono conte-stualizzati e danno luogo a un piano personale di svi-luppo (“mind the gap”).
Abbiamo recentemente utilizzato lo strumento in mo-menti formativi e di team development congegnati ad hoc per rendere più resiliente il team. È chiaro che la resilienza personale del leader o di alcuni componenti del team (alta o bassa che sia) può andare a detrimento del funzionamento e delle performance. In questo caso abbiamo potuto aiutare a ‘sbloccare’ situazioni rigide o stagnanti, favorendo la costruzione del team resiliente e al contempo accelerando la consapevolezza del leader sull’impatto del proprio comportamento.

Misurare le performance e accompagnare il cambiamento
A nostro avviso, la scala R@W© colma un gap lascia-to dalle misure esistenti e fornisce almeno due benefici all’individuo e al team. In primo luogo, è uno strumento diagnostico che permette di misurare la performance e l’efficacia personale (o di team) in base alle sette dimen-sioni descritte. In secondo luogo, la scala R@W© offre una guida pratica dei comportamenti che vanno mante-nuti, cambiati o migliorati in modo che la resilienza sia veramente una skill e non una chimera.
La resilienza dunque non ha un menù fisso: è un co-strutto sfaccettato che ogni volta è differente per cia-scuno di noi e che non è connesso, se non in parte, alla personalità. È uno stato mutevole di cui dobbiamo prenderci cura per fronteggiare la volatilità del con-testo con successo e limitando i danni. Soprattutto di questi tempi!
Noi pensiamo che la resilienza sia un viaggio continuo e non una destinazione. E gli strumenti di navigazio-ne sono oggi disponibili grazie al lavoro di Kathryn McEwen che abbiamo portato in Italia attraverso il net-work con l’European Institute for Conflict Dynamics e iniziato ad applicare in diverse realtà organizzative.

 

Guido Prato Previde è Business Psychologist, Formatore e Coach. Presidente di Decathlon Consulting Human Qualities e Country Partner dell’European Institute for Workplace Dynamics (IWD), ricopre inoltre i ruoli di R@W Master Trainer e Master Coach.